ermes ottaviani
Il realismo allusivo di Ermes Ottaviani
Ceramica, ceramica raku, scagliola patinata, bronzo, gesso, maiolica, marmo, pietra della Cesana, pietra di fiume, resina. Ed incisioni, oli e tempere - intriganti colori e fluenza - quasi in un’eco distante e ironica al preraffaellismo.
La prima “misura” di Ermes Ottaviani appare essere la materia: non sfida, ma “prova”. Nel gesto teso a modellare, nel pennello che “coglie” e “toglie” il disegno a matita, nella resa di un impasto che si fa con le ombreggiature che separano le forme o le sciolgono per ricomporle in altre forme - l’artista prova fantasia e trova la sua figurazione, dà traccia all’idea, alla sua estrinsecazione.
Un lavorìo di bottega – Ottaviani sottolinea con orgoglio questo lato delle sue opere nel loro farsi: la Scuola del libro di Urbino, che lo ha avuto studente, e docente in discipline plastiche, dopo un corso di scultura all’accademia di belle arti della città, lascia la sua impronta – sulla traccia della bottega rinascimentale, in cui tutto sembrava urgere, ed in effetti urgeva, da materiali in attesa di uso e rispondenza: prima ancora, preparati, mescidati se del caso, fatti “depositare” per poi essere presi e lavorati, con la pazienza dell’artigiano, l’inventiva dell’artista.
E, al punto, l’artista urbinate, tanto riservato quanto ricco di mostre e di collaborazioni, libera memoria ed esperienza, suggestioni e conoscenze, ricordi e intenti fino a mescolarli e a non più ridire, in opere di tutto realismo, la pulsione da cui sono scaturite, la genesi, il punto del loro avvio.
Si fanno, così e pertanto, allusione – sostanziale l’equilibrio nei cunicoli scavati, nei contorni dei corpi, nell’espressione dei visi – di una realtà altra, in cui si ricercano bellezza e armonia di ascendenza classica ma calate nella tensione tutta attuale sia nell’inventio, sia nella disposizione compositiva.
Nelle ceramiche (e materiali collegati) per esempio, una parte vuota prepara “la scena” (delle opere con poesie, confluite nella mostra itinerante “Incontro di segni e di versi” - 2012, Faenza, Pescara, Imola) in un piano che si fa stringere dai testi incisi, sì che la reminiscenza (le tavolette babilonesi, la mia associazione d’acchito) nell’ispirazione assurge ad aspirazione di un inizio oltre la sua concretezza (Inizio, 2011; Sfinge, 2011), riversata e spanta nei corpi di donna (Introspezione e Studi sulla donna, entrambe del 2011).
La medesima dinamica nelle sculture diverse (a cominciare dalle bellissime, Torsione, del 1984, Giovane, del 2001: che cito vicini per un “non finito” tendente all’infinità come nel bronzo Terra madre del 1997) e nei rilievi. In questi, il bianco (il silenzio, si direbbe) della patina (Creazione, 2009; In sospensione, 2005) agisce dai margini verso il centro a far risaltare visi, corpi, creature vere e proprie o tali per deduzione naturale (Genesi, 1998; Aria Acqua Terra, 1999; Creazione, 2009).
Variando tecniche, soggetti, momenti, Ermes Ottaviani mantiene costanti stilemi e volute, insistenze, per giungere ad una essenzialità di spazio e di tempo ripresa ogni volta come fulcro di partenza. Quasi a voler definire, a voler toccare il nucleo originario – e, suo contrario, il termine – di un incontro (umano, personale, conoscitivo) di concetti o di un concetto. Da decrittare da un’espressione artistica in cui il cammino chiaro sfuma e si concentra in allusione a: l’uscita ad un oltre insito, ma non stretto, nella materia che dismette se stessa e si fa astrazione.

(Maria Lenti, Luglio 2012)



Dalla casa di San Cipriano: Ermes Ottaviani
Sul prato, non troppo distanti dalla vetrata, seduti sulla panchina un ragazzo e una ragazza raccontano la storia che Ermes Ottaviani ha voluto per loro. È una storia che si plasma nella materia molle della creta, prima di assumere la lucentezza del bronzo o le forme ingessate del bianco, o le trasparenze opalescenti della resina o il calore bloccato dentro la terracotta.
La storia è plastica e offre un breve indizio: un incontro, un’attenzione, uno sguardo più intenso che si può disperdere in un tempo breve o può trasformarsi in un progetto.
Una radura fra il bosco li accoglie e li difende, seleziona la luce nelle diverse ore del giorno per esaltare i movimenti in superficie che la sensibile interpretazione dell’anatomia di Ermes lascia trasparire.
È raccontata la promessa di una bellezza nel nervoso procedere del modellato, come di una scultura adolescente che attende impaziente il tempo della piena maturità, impegnata ora nel dinamismo di un viaggio la cui meta è appena intravista.
I due si possono osservare con serenità perché sono lontani, perduti dentro i loro pensieri, si possono ammirare perché nulla cambierà al cadere del nostro sguardo: loro e la loro storia sono più forti della nostra intenzione di interpretare.
Dal pianoforte, collocato nel salotto, lo spartito ancora aperto sul piccolo leggio dice che il suono, la musica è solo interrotta, sospesa come è fra i capelli di sirene, dentro le movenze ritmiche delle piccole veneri alate o angeli al femminile che la committenza di Piero Guidi ha incoraggiato.
Anche dalle ciotole dei vasi di piante grasse al riparo nella serra d’ingresso escono forme armoniose e calde di una generosa sensualità.
Le figure modellate da Ermes Ottaviani conservano dentro il movimento degli alberi mossi dal vento, la forza di crescere che ogni primavera riesce a rinnovare, si compongono dentro il ritmo della vita, dentro la forza di gesti di antichi maestri, sempre quelli, perché il gesto che forma la forma nasce dalla disciplina del progetto.
È la casa che sorge nel taglio del bosco che restituisce vita alle figure, o sono le sculture, le ceramiche, i dipinti di Ermes che fanno della casa un unico grande progetto d’arte?

(Silvia Cuppini, Marzo 2012)



"Il Viaggio" si alza da terra con ariosita' e leggerezza. E anche i materiali adoperati, ferro e ceramica, contribuiscono a rendere piu' forte questa creazione.
Ottaviani, scultore rigoroso ha esaltato le sue tecniche e dare vita a un pensiero.

(Alessandra Cattoi e Angela Frenda, 1996)



Nell'opera di Ermes Ottaviani la definizione della forma non si pone come prioritario problema di ordine estetico, ma piuttosto - e molto piu' sostanzialmente - come elemento continuo di una ricerca che possa giungere - proprio attraverso una forma - a dare risposte sempre piu' coerenti e stringenti al rapporto dialettico che l'autore pone tra se' e la realta'.
Le sculture di Ottaviani, che da numerosi anni ormai va plasmando materia, non possono essere distinte in una stereotipa classificazione di appartenenza tra il figurativo o l'astratto, secondo categorie usuali, ma poco significanti, solo in funzione di un immediato riscontro o tangibile riconoscimento dell'immagine.
Sebbene in alcune opere - particolarmente in quelle piu' lontane nel tempo - possa apparire, ad uno sguardo poco attento, un gusto rivolto ad andamenti levigati e realistici, e' altrettanto vero che sin da allora Ottaviani evidenzia una decisa tensione verso linee-forza che condensate nel modulo compositivo, si esprimono all'interno di essa quali conduttori emergenti.
Non suscita meraviglia allora che nel processo creativo dell'autore avvenga l'incontro con forme plastiche di grande purezza, limpidamente tese, definite da una euritmia di pieni e vuoti, investiti entrambi di uguale valore.

(Franco Martelli, 1988)



Quello che risalta immediatamente osservando i modellati di Ermes Ottaviani e' l'assunzione di un attegiamento eclettico, peraltro di natura intenzionale, che gli permette di misurarsi con i grandi esempi della scultura moderna, Rodin, Medardo Rosso, Derain, Brancusi, Boccioni, Arp, ma soprattutto Moore, per assimilare le diverse esperienze e cercare conferme.
Tema dominante e' la figura umana, anche se un'attenzione particolare viene rivolta al mondo naturale e inorganico.
Le sculture di Ermes Ottaviani esaltano al massimo grado le potenzialita' caratteristiche di una tecnica cosi' poco propensa all'improvvisazione: "la sensibilita' al volume e alla massa, il gioco dei vuoti e dei pieni, l'articolazione ritmica dei piani e dei contorni, l'unita' della concezione" (H. Read).
Qualita' indispensabili senza le quali si rischia di creare delle forme, concrete e astratte che siano, prive di quell'energia universale che i cinesi chiamano "Ch'i".
Il processo creativo evolve in modi e tempi diversi di ascendenza ceramista, l'artista esegue dapprima il bozzetto in argilla, per riprodurlo poi in gesso la migliore plasmabilita' di quest'ultimo gli da' la possibilita' di ritornare sul lavoro con ulteriori interpretazioni formali.
Ultimo passaggio sara' il risultato finale in legno o in marmo, conformemente al soggetto, dove la forma, depurata da ogni pesantezza, si armonizza perfettamente con il contenuto.
Le sue figure femminili dalle morbide e levigate torsioni evocano questo tendere verso forme armoche universali i suoi studi di forme rimandano alla "Forme esterne ed interne" di Moore o alle "Concrezioni" di Arp, scaturite da "un processo naturale di condensazione, che indurisce, coagula ispessisce, facendo crescere il tutto..." (J. Arp), ugualmente tese a disvelare i segreti meccanismi della natura.

(Bruno Ceci, 1984)
 
   
     
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